ERDOGAN BALLA CONTRO PUTIN, MA CON L’ORCHESTRA DI OBAMA.

Cisterne ISIS out copia

Sicuramente, la distruzione di centinaia di autobotti dei contrabbandieri di petrolio dell’ISIS da parte dei cacciabombardieri russi ha nuociuto agli affari della famiglia Erdogan, ma il missile aria-aria M120 AMRAAM lanciato contro il Su-24 di Oleg Peshkov dall’ F-16D turco sotto controllo NATO sembra fosse diretto soprattutto contro il gasdotto Turkish Stream.

Schermata 2015-12-01 alle 15.02.43  Il Turkish Stream è stata la risposta di Mosca al siluramento, da parte di Washington, del South Stream, il gasdotto che, aggirando l’Ucraina, avrebbe portato il gas russo fino a
Tarvisio (Udine) e da qui nella Ue, con grandi benefici per l’Italia anche in termini di occupazione. Vi invito a guardare questo video di Manlio Dinucci:

1 pensiero su “ERDOGAN BALLA CONTRO PUTIN, MA CON L’ORCHESTRA DI OBAMA.

  1. Sia per Ankara che per Mosca, la rottura dei rapporti economici reciproci ‘is not an option’. Per entrambi i Paesi, si tratta di un’eventualità troppo costosa, sia sul piano economico che sul quello del consenso. Il discorso vale soprattutto per la Turchia, che deve alla Russia almeno la metà delle sue forniture di gas naturale. Ma vale anche per Mosca, se si pensa che soltanto l’anno scorso il gigante statale Gazprom Pjsc ha incassato solo da Ankara qualcosa come 10 miliardi di dollari.

    In ballo ci sono progetti mastodontici come il Turkish Stream, il gasdotto che dalla Russia dovrebbe attraversare il Mar Nero, passare per la Turchia per entrare poi in Grecia – permettendo a Mosca di rifornire l’Europa bypassando l’Ucraina. Per Ankara, una ritorsione di Mosca sull’energia avrebbe conseguenze distruttive. “Le relazioni tra Turchia e Russia erano già tese prima dell’abbattimento del jet, come dimostra lo stallo sulla realizzazione del nuovo gasdotto”, ha detto a Bloomberg Alexander Kornilov, analista finanziario di Mosca.

    È passato solo un anno da quando il presidente russo Vladimir Putin affermava che la Turchia poteva diventare un hub energetico per il Sud Europa, proponendo di costruire il Turkish Stream. Eppure sembra passato un secolo, principalmente a causa del radicalizzarsi delle divisioni sul conflitto in Siria. Le divisioni sul futuro di Assad – e su cosa debba diventare la Siria – si sono tradotte (anche) in un ridimensionamento del progetto. Gazprom, infatti, ha annunciato il mese scorso l’intenzione di tagliare del 50% il flusso di gas naturale destinato alla Turchia e all’Europa. Il progetto, che originariamente prevedeva quattro gasdotti, è già stato ridotto a due.

    Allo stesso tempo, anche per la Russia Ankara rappresenta un bacino d’affari considerevole. Secondo Bloomberg, al mercato turco va il 17% delle esportazioni di Gazprom al di fuori dell’ex Unione Sovietica. L’Iran, che già esporta gas in Turchia, progetta di espandere la sua capacità grazie alla rimozione delle sanzioni sul nucleare. Anche gli Stati Uniti sono sempre più interessati al mercato turco: la compagnia statunitense Cheniere energy ha in mente di trasportare in Turchia la prima autocisterna di gas naturale liquefatto già a gennaio. Una concorrenza che inevitabilmente preoccupa una Mosca ancora azzoppata dalle sanzioni.

    Metaforicamente parlando, l’arma più affilata nelle mani di Mosca è lo stop al turismo. La Turchia per 13 anni è stata la principale destinazione dei turisti russi. Nel 2014 l’hanno scelta in 3,3 milioni. Nella prima metà del 2015, poco oltre il milione, con un 26% in meno rispetto all’anno precedente. Ma i numeri erano destinati a risalire sino all’80% in seguito allo stop ai voli verso l’Egitto per l’abbattimento dell’airbus a321 sul Sinai. Circa il 30% dei clienti aveva già accettato di cambiare i pacchetti acquistati per una direzione alternativa all’Egitto, e la maggior parte di loro aveva scelto le coste turche. La nota con cui il ministero degli Esteri russo sconsiglia i viaggi in Turchia per il rischio di “nuovi incidenti” rappresenta solo un avvertimento.

    A rischio potrebbe essere anche la costruzione di centrali nucleari per Rosatom. In particolare la centrale nucleare Akkuyu, che dovrebbe diventare la prima in Turchia. La sua costruzione è stimata per 22 miliardi di dollari. Le parti hanno già firmato tutti gli accordi necessari, quindi la cancellazione completa del progetto sembra improbabile: in altri tempi, non conviene a nessuno.

    La Russia è il secondo più grande partner del commercio estero della Turchia. A sua volta, la Turchia è al sesto posto (quinto per esportazione e tredicesimo per le importazioni). Nel 2014, il volume del commercio bilaterale ha raggiunto 31,1 miliardi di dollari, in calo rispetto al 2013. Poi per una serie di fattori oggettivi (calo dei prezzi dell’energia, condizioni finanziarie ed economiche mondiali sfavorevoli) nei primi 9 mesi di quest’anno il volume è diminuito del 23,4% (17,7 miliardi di dollari). Ma la Turchia resta comunque il secondo più grande acquirente (dopo la Germania) di gas naturale e la quota della Russia è di circa il 70%.

    Tra i settori che più risentirebbero di un raffreddamento nei rapporti commerciali c’è l’edilizia turca. Sono tantissime, infatti, le compagnie di costruzione turche che fanno affari a Mosca. In alcuni casi – come i preparativi per le olimpiadi di Sochi – si tratta di affari miliardari. Infine, Mosca e Ankara sono legate anche nello spazio, con ciò che riguarda il programma satellitare turco. Alla fine del 2014 il volume degli investimenti reciproci nelle rispettive economie ha superato i 20 miliardi di dollari, secondo i dati dell’ufficio stampa del Cremlino. Mandare tutto all’aria sarebbe troppo costoso, per tutti.

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